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MARCHI E ROYALTY PER LA PIANIFICAZIONE FISCALE

Circolare 7/2023

Quando si parla di pianificazione fiscale non è possibile sottovalutare l’importanza legata allo sfruttamento dei beni immateriali (come marchi, brevetti, invenzioni industriali, etc).

Un imprenditore, in prossimità della costituzione di una Società per la nascita di un progetto imprenditoriale, può decidere di sviluppare un marchio al fine di promuovere sul mercato prodotti e servizi della Società che intende costituire: questo identificherà in modo univoco la Società nonché i Suoi prodotti e servizi.

Il marchio ideato personalmente dall’imprenditore può essere registrato sfruttando il regime fiscale agevolato previsto per la tassazione delle royalties da parte di persone fisiche.

Tuttavia, ci sono alcuni requisiti da rispettare.

Se sfruttata nel modo corretto la corresponsione di royalty su marchi può portare ad una ottimizzazione del carico fiscale di qualsiasi impresa. Questa ottimizzazione passa attraverso anche il trattamento di vantaggio che in Italia hanno le royalty sul diritto di autore o comunque sullo sfruttamento economico degli “intangibles” d’impresa, come marchi e brevetti industriali.

Quali sono i vantaggi?

In modo molto semplice e immediato, il vantaggio è di natura giuridica e fiscale:

  1. Giuridica perché si tutela un marchio dall’uso di terzi non autorizzato e arbitrario, evitando di ingenerare confusione sui consumatori.

In particolare, registrare un marchio d’impresa può portare il diritto esclusivo di utilizzare il marchio registrato, evitando che altri possano farlo al posto tuo; la possibilità di tutelarsi, anche per vie legali, nei confronti di terzi che utilizzino impropriamente tale marchio; la possibilità di sfruttare economicamente il marchio attraverso la concessione in uso a terzi;

  • Cedibilità sul mercato: non deve essere sottovalutato il fatto che un marchio una volta registrato può diventare molto più facilmente cedibile sul mercato, in quanto è molto più semplice individuare la titolarità del marchio, e la sua unicità (e quindi il suo valore economico);
  • Fiscale: il Socio può concedere in uso un marchio alla Società, quest’ultima paga delle royalties al Socio: il Socio paga le imposte sul 75% del reddito (o 60% se ha un’età inferiore a 35 anni) ma non paga i contributi Inps su questo reddito (vantaggio non indifferente atteso che sul compenso amministratore si pagano i contributi!!!); inoltre, la Società deduce interamente il costo (cfr più avanti gli esempi!).

Per questo motivo la registrazione di un marchio non deve essere vista solo come un vantaggio legale, ma anche come la possibilità di attribuire un valore commerciale al brand. Si tratta, in buona sostanza, di valorizzare un brand nel tempo, sfruttandone i vantaggi nel lungo periodo (pensa al caso di cessione o di sfruttamento in licenza a terzi del marchio stesso). Inoltre, la registrazione di un marchio è sempre vista dai consumatori come elemento di fiducia nei confronti della bontà del prodotto o del servizio offerto.

Quali sono gli errori da non commettere?

Il primo errore da non commettere è registrarlo “dopo” diverso tempo dalla nascita e dall’avvio dell’idea imprenditoriale. Se hai già un marchio esistente ed è già utilizzato dalla tua azienda per la vendita dei prodotti, non puoi pensare di registrare il marchio per sfruttare fiscalmente la disciplina sul diritto di autore.

Si ricorda che il marchio deve essere caratterizzato da unicità, altrimenti l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi rifiuta la richiesta di registrazione.

Ebbene, la registrazione del marchio spetta al soggetto che ne ha la paternità, ovvero al creatore; il creatore (che potrebbe essere il socio di una Società) deve anche sostenerne i relativi costi (aspetto fondamentale in ambito fiscale è non far sostenere i costi alla Società!!!). Inoltre, è bene puntualizzare che alla concessone del marchio alla società partecipata da parte di uno dei soci o dell’amministratore deve corrispondere una congrua quantificazione della relativa royalty tenuto conto delle spese e delle attività promozionali svolte dalla società proprio per valorizzare il marchio stesso. In sostanza, non è fiscalmente condivisibile, ad esempio, la soluzione di intestare il marchio a posteriori al socio fondatore (che lo ha di fatto ideato) quanto nel frattempo la società ha sostenuto spese di marketing e partecipato a fiere. E qualora valutabile, è bene determinare la royalty in base ad una perizia di stima in cui considerare l’impatto economico di dette ulteriori spese ed attività.

Il marchio deve garantire notorietà alla Società per il solo fatto di esistere (Novità: deve essere unico, non uguale ad altri già registrati; Verità: non deve ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi;

Capacità Distintiva: deve distinguersi dai marchi degli altri competitors; Liceità: non deve contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume)

La Società che detiene il marchio deve provvedere periodicamente al sostenimento di costi di sponsorizzazione del marchio sul mercato, per sostenerne l’economicità e la diffusione sul mercato. Sostanzialmente per sfruttare le royalty su marchi, occorre provare che, alternativamente che con il marchio il prodotto/servizio aumenta di valore sul mercato; si è stati in grado di aumentare il numero delle vendite.

Quale il risparmio di tassazione per una persona fisica

Il percepimento di royalty da parte di un soggetto/persona fisica può essere uno strumento strategico per la pianificazione fiscale. Infatti, chi registra il marchio presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, è il solo soggetto autorizzato a concedere l’utilizzazione del marchio stesso ad altri soggetti terzi. Questa operazione è resa possibile attraverso la sottoscrizione di un contratto di licenza, che permette appunto di ottenere delle royalties per l’uso del marchio.

ESEMPIO 1

In Italia le somme percepite a titolo di royalties sono parzialmente detassate a differenza, per esempio, di un compenso amministratore che è soggetto totalmente a IRPEF e a INPS. Vediamo le differenze di tassazione tra i due redditi aiutandoci con un esempio.

COMPENSO AMMINISTRATORE (ES. CO.CO.PRO)
Importo annuo lordo € 12.000
Aliquota IRPEF 23% su € 12.000 = € 2.760,00
Aliquota INPS 34 % su € 12.000 = € 4.080,00
Totale da versare = € 6.840,00

ESEMPIO 2

Se gli stessi 12.000 euro venissero percepiti come royalties, non si avrà la contribuzione INPS in quanto trattasi di somme escluse da qualsiasi obbligo contributivo. Si avrà, invece, solo la tassazione IRPEF che sarà applicata considerando una deduzione forfettaria del 25% (ovvero del 40% se il percettore ha un’età inferiore ai 35 anni).

CANONE ROYALTIES
Royalties annue percepite € 18.000
Imponibile IRPEF € 12.000 decurtato del 25% quindi € 12.000 – € 3.000 (25% di € 12.000) = € 9.000
Aliquota IRPEF 23% su € 12.000 € = € 2.760,00
INPS = € ZERO
Totale da versare = € 2.760,00

Su un importo minimo di € 12.000,00 il risparmio è di € 4.080,00!!!!

ULTERIORI OSSERVAZIONI

Naturalmente, più cresce il valore delle royalties percepite, maggiore sarà il risparmio fiscale che si avrà. Da non tralasciare che oltre al notevole vantaggio fiscale che la persona fisica ottiene, è previsto un vantaggio anche per la società che sfrutta il marchio.

Questo avviene in quanto le royalties pagate dalla società sono costi deducibili dal reddito e quindi la società potrà risparmiare il 24% dell’IRES: un ulteriore importo di € 2.880,00.

CONCLUSIONI

Quello che posso dirti è che quanto scritto sinora rappresenta una possibilità teoricamente valida, ma che deve essere correttamente inquadrata nella tua situazione fiscale personale e societaria. Se hai bisogno di un consulente esperto, non esitare mettiti in contatto con me per ricevere una consulenza personalizzata. Nel caso possiamo analizzare la tua situazione anche con l’ausilio di legali specializzati.

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